Il Museo

IL MUSEO MATT – Museo Archeologico Territoriale di Terzigno – nasce dall’esigenza di riscoprire e mostrare agli abitanti di Terzigno e non solo, un pezzo del proprio passato.

La realizzazione di questa prima Mostra Archeologica dal titolo “Pompei oltre le mura – le ville romane di Terzigno all’ombra del Vesuvio” ha visto la partecipazione appassionata dell’Amministrazione comunale di Terzigno insieme al Parco Nazionale del Vesuvio che ha cofinanziato il progetto, della direzione del Parco Archeologico di Pompei e di tanti che per mesi hanno prestato contributi di idee e di lavoro. 

 

La mostra allestita nelle sale del MATT nasce dalla ferma volontà di valorizzare questo patrimonio archeologico di inestimabile valore e bellezza attraverso la musealizzazione dei preziosissimi reperti rinvenuti nelle ville, al fine della possibilità continuativa e sistematica della fruizione pubblica e consentirà di riscoprire la bellezza dei luoghi e delle opere, oltre che essere la porta per passare dalla vita romana in città alla vita intorno al vucano facendo conoscere aspetti significativi della vita nelle ville di campagna presenti nel territorio della periferia dell’antica Città di Pompei ed il rapporto degli abitanti con il fertile vulcano. 

 

Il Museo è stato realizzato nell’ex mattatoio comunale, un edificio in muratura di armonioso pregio architettonico, costruito intorno agli anni ‘30, dismesso e  abbandonato per anni, grazie all’impegno delle amministrazioni che si sono succedute nel tempo ed ai fondi europei, è stato possibile effettuare i lavori di ristrutturazione e rifuzionalizzazione che l’hanno restituito alla Cittadinanza come area museale, facendogli assumere un nuovo ruolo urbano che è al tempo stesso culturale e sociale.

 

TERZIGNO, un paese alle pendici del Vesuvio, era in antico periferia della vecchia Pompei come dimostrano i resti archeologici di alcune ville romane rinvenute nell’area della cava Ranieri a partire dal 1981, dove proprio l’attività estrattiva ne ha favorito la scoperta, come periferia di Pompei, anche l’agglomerato romano che sorgeva nel luogo dell’attuale Terzigno è stato devastato dall’eruzione del 79 d. C.;  

Le strutture relative alle ville rinvenute, si trovano a circa 20 mt sotto il piano di campagna attuale e sono state sepolte dai prodotti piroclastici delle eruzioni vesuviane che si sono succedute dal 79 d.C.  fino all’ultima del 1944. Queste sono solo alcune delle tantissime che in antico ricoprivano questo territorio ed erano destinate alla residenza dei ricchi proprietari per la vita in campagna e per la produzione agricola, in una terra ricca e fertile , quale può essere quella che vive alle falde di un vulcano che arreca distruzione con le sue eruzioni e rende fertile il suolo agricolo.

La cava Ranieri attualmente ricadente  nel perimetro del Parco Nazionale del Vesuvio, dove sono state scoperte le ville di epoca romana, è stata per decenni utilizzata per l’approvigionamento di materiali vulcanici in particolare del basalto che era utilizzato per lastricare le strade, questo prezioso materiale estratto grazie al lavoro di abili scalpellini che abitavano in zona è stato utilizzato per secoli anche per l’edilizia nella realizzazione di portali, timpani , balconi, finestre, balaustre ed altri particolari decorativi. 

Oggi, a seguito di un primo intervento di risanamento ambientale, l’area della cava che copre una superfice di circa 500.000 mq, offre uno spaccato delle eruzioni vesuviane, la visione della campagna orientale della antica città di Pompei, un esempio di archeologia industriale,  mostrando le modalità del lavoro estrattivo in epoca moderna. L’area costituisce inoltre una meravigliosa riserva faunistica e botanica, per la presenza di specie selvatiche e di essenze botaniche. 

Dal  1981,  esaurita  l’estrazione  delle lave moderne,  comincia ad affiorare  lo strato delle ceneri e dei lapilli del 79 dopo Cristo e man mano numerose evidenze archeologiche come una cisterna,  una tomba di bambino e solchi di coltivazione, insieme alle tre ville, denominate Villa 1 , Villa 2 e Villa 6 in base alla cronologia dei ritrovamenti avvenuti durante le campagne di scavo della Soprintendenza Archeologica Di Pompei (oggi Parco Archeologico di Pompei), effettuate dal 1981 al 2011, erano queste delle aziende produttive,  dotate anche di un settore padronale ricco ed elegante, la cui attività si basava su colture intensive, in particolare della vite, la strutturazione degli spazi, la presenza di torcularia, di celle vinarie dotate di numerosi dolia e di fondi agricoli annessi testimoniano l’antica vocazione vitivinicola di questo territorio, a cui si accompagnava anche la produzione dell’olio d’oliva. All’interno di esse sono stati rinvenuti moltissimi reperti di pregevole fattura, argenteria, monili d’oro, oltre a vasellame di straordinaria eleganza e affreschi inquadrabili nelle più tipiche pitture di II stile.

La MOSTRA è stata allestita nelle sale situate al primo livello del museo, nella prima, i pannelli esplicativi ed il monitor introduranno i visitatori alla storia delle eruzioni vesuviane, della cava Ranieri e degli scavi  archeologici delle ville.

Nella sala successiva  sono esposti in apposite teche, diversi  reperti di vasellame fittile, vari tipi di anfore, antefisse ed attrezzi agricoli per la coltivazione dei fondi  annessi alle ville.  

Alcuni dei reperti in mostra  come l’antefissa raffigurante una figura femminile provengono dalla VILLA 1 scavata fra il 1981 ed il 1983 per un area di circa 600 metri quadri, è solo una parte del vasto edificio ancora sepolto sotto le ceneri. 

Come gran parte delle ville romane svolgeva principalmente la funzione di fattoria, ma era provvista anche di un quartiere padronale per l’otium dei proprietari. La parte riportata in luce è principalmente relativa alla quella rustica per la produzione del vino, che veniva lavorato in modo molto simile a come si faceva ancora qualche generazione fa intorno al Vesuvio. L’uva veniva raccolta nel vigneto e rapidamente portata alla fattoria, dove veniva pigiata sotto i piedi e poi passata al torchio, per finire nella cella vinaria. Il succo d’uva diventava prima mosto e poi vino. 

Altri reperti come vasellame in terracotta pesi da telaio ed attrezzi agricoli per la lavorazione dei fondi annessi alla ville provengono invece  dalla VILLA 2, di 1200 mq e scavata dal 1984 al 1992, è un bell’esempio di fattoria romana specializzata nella produzione del vino ed una fotografia di come doveva essere la vita in campagna al momento dell’eruzione.

Il cuore dell’edificio è costituito dalla corte, dalla stanza del torchio e dalla cella vinaria. Qui vi sono tracce di vecchi restauri: nel 79 d.C. la villa aveva già un paio di secoli ed era colpita dai terremoti precursori dell’eruzione. Le altre stanze intorno alla corte erano utilizzate per la vita dei contadini e per altre produzioni agricole.

Le fattorie romane erano un piccolo mondo autosufficiente in cui, oltre al principale prodotto commerciato, si coltivava quanto serviva per il sostentamento di chi vi abitava. 

Appena entrati, a sinistra dell’ingresso, c’è la cucina, molto grande e ben attrezzata con un focolare centrale e forno in un angolo. Da qui proviene il vasellame in terracotta.

Dall’altro lato dell’ingresso è una grande stanza, usata come soggiorno o stanza per banchetti (triclinium). Qui al momento dell’eruzione si sono rifugiati gli abitanti della villa nel disperato tentativo di mettersi in salvo.

Infatti sono stati trovati gli scheletri di due cani e cinque esseri umani, tra i quali una giovane donna, con ancora indosso i preziosi gioielli d’oro, tre collane e due bracciali, ed a fianco un borsellino con 21 denari repubblicani ed imperiali. Nei pressi furono trovati altri preziosi, come uno specchio e l’argenteria per i banchetti.

Nelle altre sale sono esposti  numerosi affreschi provenienti da diversi ambienti della VILLA 6 , inquadrabili nelle pitture di II stile, con suggestive rappresentazioni di prospettive architettoniche ed  elementi legati al mondo dionisiaco. Nella sala centrale si potrà ammirare inoltre la pittura del Larario rinvenuto nell’ambiente cucina con la rappresentazione dei due lari e del Genio sacrificante e di due serpenti che si avvicinano ad un  piatto di offerte.

La villa 6, scavata con diverse campagne di scavo dal 1993 al 2011 ed oggi purtroppo reinterrata, è un edificio complesso ed interessante copre una superfice di circa 2600 mq supera per dimensioni quella di Fannio Sinistore a Boscoreale e addirittura la famosa Casa del Fauno, che occupa un intero isolato a Pompei!
La villa, costruita quando in area vesuviana si parlava ancora in osco, è molto antica, ma subisce cambiamenti rilevanti nel corso del tempo. Quanto visibile riflette la fase di I secolo a.C., periodo in cui il quartiere padronale fu ampliato ed abbellito da affreschi monumentali. La villa subisce trasformazioni importanti per ampliare la produzione agricola nell’ultima fase di vita prima dell’eruzione.
Già dall’ingresso, la villa mostrava la ricchezza dei padroni, con un portico colonnato lungo il quale si aprivano le stanze decorate da mosaici ed affreschi. Superata una graziosa stanzetta si accedeva al quartiere rustico, con ampia cucina e altare per il culto delle divinità protettrici della famiglia. Proseguendo si notavano, intorno ad un ampio ambiente di servizio, le stanze riservate alla lavorazione dei prodotti agricoli.
Nel quartiere residenziale, riccamente affrescato, si poteva accedere ad un’altra parte della villa, aggiunta in seguito, ugualmente utilizzata per godere della vita in campagna. Qui erano le stanze da letto e da pranzo, abbellite da mosaici, e il quartiere termale venuto alla luce nel 2011.
Al tempo dell’eruzione, la villa era ancora abitata ed in attività, come dimostrano gli scheletri di sei adulti ed un bambino rinvenuti sulla via di fuga.

Le ville di cava Ranieri per motivi di sicurezza e tutela sono state reinterrate, si spera che in un prossimo futuro si creino le condizioni per la loro riscoperta.

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